Si scrive Insigne, si legge talento. Ed ormai è quella la sua unità di misura. Genialità allo stato puro, padronanza tecnica, capacità & coraggio, una faccia tosta e quel piede che incanta, che ipnotizza, che alimenta i sogni e lascia lievitare la quotazione. Mentre il pallone sta andandosi ad adagiare (teneramente) all’incrocio dei pali, e chiunque – al San Paolo, dinnanzi alla tv – si sta chiedendo come abbia fatto, il mercato ricomincia ad annusarlo, a risondarlo. Ma quanto varrà adesso questo «fenomeno irrinunciabile» a cui Sarri da un anno in qua dà la maglia da titolare? Insigne è ormai il simbolo d’un Paese che non smette di rimpiangerne l’esilio nella sfida-madre con la Svezia, è l’icona d’una squadra nella quale è il portabandiera per contenuti tecnici, è qualcosa che può essere assimilato, accostato, semplicemente valutato intorno ai cento milioni di euro, (quasi) senza se e senza alcun ma. Insigne è intoccabile, sino a prova (indecente) contraria, il manifesto d’un Progetto che guarda da lontano ma da un bel po’, la sintesi di una Filosofia che De Laurentiis ha impresso e poi ha cavalcato, rinforzandosi con la conferma di un nucelo storico che ha portato il monte ingaggi su livelli stratosferici e che ha nello scugnizzo il fuoriclasse più retribuito.