Di Francesco al CdS: “A chi mi ispiro? Mi colpiscono Sarri e Guardiola. Lo scudetto? La Juve compra, ha lo stadio cose da 10 punti in più”

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Il forum al CdS con Eusebio Di Francesco

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Per vincere lo scudetto come si fa? 
«Noi dobbiamo lavorare tanto per essere da scudetto. E ci stiamo attrezzando, conoscendo le nostre rivali. C’è il Napoli davanti che ». 
 
Qual è la differenza della Juve? 
«L’abitudine a giocare grandi partite una dopo l’altra: campionato, Champions, campionato. Comprano giocatori adatti a questo tipo di stress, di mentalità. E poi ragazzi, hanno lo stadio di proprietà. Quello porta 10 punti in più in classifica».

Una volta per tutte: a chi si ispira Eusebio Di Francesco? 
«Un po’ a tutti. Mi colpiscono Guardiola, Sarri. In generale amo gli allenatori che trasmettono il loro pensiero senza specchiarsi negli avversari. Ma mi piace anche imparare da me stesso, perché l’intuito è decisivo nelle scelte di un allenatore. Tra gli allenatori che ho avuto ho imparato molto da Capello per quanto riguarda la gestione del gruppo e da Zeman per la fase offensiva e per la cultura del lavoro: adesso tutti diciamo che la ripetitività degli esercizi in allenamento migliora i calciatori ma Zeman lo diceva trent’anni fa».

Si può dire che Roma-Atletico e Roma-Napoli siano stati i suoi momenti di svolta?
«Esattamente. Con l’Atletico non stavamo bene fisicamente ma abbiamo resistito, prendendo fiducia. Con il Napoli abbiamo perso perché abbiamo difeso troppo bassi. Io da mesi cercavo di spiegare il contrario e con quell’esempio, la squadra ha capito che doveva osare. Difendere avanzando, non arretrando». 

Come si spiegano tutti questi infortuni? I crociati, i muscoli. 
«Come ho già detto, non credo alla casualità. Ci stiamo impegnando con i professionisti del settore per risolvere il problema. Lavoriamo di più sulla prevenzione in palestra, con determinati esercizi, e aumentiamo i carichi di allenamento». 

Il problema è che si gioca troppo? 
«Sì. E ci si allena più forte di prima. La cosa difficile non è tanto la partita. E’ il viaggio, è il sonno perso. Quando giochi ogni tre giorni non è facile recuperare e nemmeno allenarsi. Vi faccio un esempio che ho avuto a Sassuolo: Magnanelli, professionista al 110 per cento, si è rotto il ginocchio come Karsdorp perché con tanti infortunati non potevo farlo riposare. Andando in campo sempre tre volte a settimana, alla fine il fisico gli ha chiesto il conto».

Fonte: CdS

 

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