Il boom del calcio sui social

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E’ esponenziale la crescita dei fan che seguono i campionati italiani e stranieri su Internet e sui Social. E per le società non è più solo una questione di tifo. Il rapporto è ponderoso, analitico, freschissimo. Iquii, la società che l’ha curato, fotografa la situazione sino a settembre 2017. Il Corriere dello Sport-Stadio lo pubblica in anteprima. I numeri sono impressionanti: tra fan base di Facebook, followers di Twitter e Instagram, è enorme la massa di tifosi social o social tifosi, fate voi. E per le società, soprattutto le inglesi e le spagnole che per prime hanno capito l’antifona, non è più soltanto un fenomeno di mera passione del pubblico che, un tempo, veniva manifestata sugli spalti e oggi saltabecca anche in Rete da un social all’altro. Gli esperti lo chiamano calcio 4.0: dilaga fra app, comunità o community, fidelizzazione, membership, realtà virtuale o virtual reality che permette di simulare anche le scene di allenamento; e-games cioè giochi elettronici; fan engagement

Factory della Comunicazione

Customer Relationship Management), come gestire in modo efficace i rapporti con i propri clienti, in questo caso tifosi-clienti, onde garantire loro la massima soddisfazione sia quando acquistino abbonamenti per lo stadio o accappatoi con i colori sociali, cliccando sull’e-commerce.
LURKER E DUGOUT. E non è più, non può più essere appena una questione di quanti siano i followers su Twitter e Instagram o i like cliccati sulla pagina Facebook. Ci sono anche i lurker, dall’inglese to lurk, letteralmente guatare, nascondersi, stare in disparte. Il tifoso lurker partecipa a una comunità virtuale (mailing list, newsgroup, forum, blog, chat), legge e segue attività e messaggi, ma non si appalesa, preferendo prima farsi un’idea di come funzioni la comunità e dell’aria che tira. Da lurker è scaturito l’italianizzato lurkare: osservare dietro le quinte. Diverso è Dugout (panchina): è il social dove i club postano video inframezzati da spot pubblicitari, i cui proventi sono divisi fra i club medesimi e la piattaforma. In Inghilterra, i battistrada sono stati Arsenal, Chelsea, City e Liverpool; in Italia, su Dugout ci sono Milan, Juventus, Roma, Inter, Bologna e Napoli. E’ il club a decidere quanti e quali video pubblicare: gag in allenamento, sfide fra calciatori, highlights delle partite. Mai porre limiti alla fantasia, soprattutto se può essere monetizzata, incrementando le entrate societarie. Gli affari sono affari. O no?

Fonte: CdS

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