Il Roma – O. Vigorito: “Cosa abolirei nel calcio? Troppo strapotere ai procuratori”

Il presidente del Benevento: "Troppo pochi mille biglietti in un San Paolo da 60 mila posti"

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Napoli-Benevento non è una partita qualsiasi per Oreste Vigorito. Soprattutto per un uomo che vive in riva al Golfo e da giovane seguiva le gesta di Maradona e Careca. Il presidente del club sannita è pronto a vivere il suo primo derby con gli azzurri in uno stadio che conosce molto bene. Domani pomeriggio entrerà dalla porta principale al San Paolo con la sua squadra guidata da Marco Baroni. Una soddisfazione unica per un imprenditore che nel giro di un anno solare è riuscito a passare dalla serie C alla A. Assieme a suo fratello Ciro si era ripromesso di portare il Benevento nel calcio che conta e c’è riuscito. Peccato che l’altro presidente non ha potuto festeggiare in campo la promozione contro il Carpi ma da lassù avrà esultato lo stesso.

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Allora presidente è emozionato per questa supersfida con il Napoli? «Emozionato no. Piuttosto sono curioso di capire cosa succede non solo sul piano sportivo ma anche su quello sociale e personale. A Napoli ci sono stati i fuochi d’artificio quando abbiamo conquistato la serie A e quindi suppongo che ci sia un feeling. Mi farebbe piacere constatare che non venga annullato per una partita di calcio…».

Anche lei è molto legato a Napoli….«Certo, non dimentico di vivere in questa città. Le racconto un aneddoto che nessuno sa. Il primo regalo del diploma da parte di mio padre è stato un abbonamento di Curva B. All’epoca tifavo per Careca, Giordano, Maradona. È naturale che adesso tifo Benevento ma non nascondo che conservo nel mio cuore la prima simpatia. Sono curioso di vedere la mia  reazione. Una sconfitta eventuale sarebbe meno amara. Mi auguro che sia una bella partita».

Lei promise a suo fratello Ciro, che è stato per anni corrispondente da Avellino del “Roma”, di portare il Benevento in serie A. C’è riuscito…. «Era una nostra promessa. Quando presi il Benevento era lui l’esperto di calcio. Ad un certo punto gli chiesi senza presunzione: “Ma un giorno andremo in A?”. Lui mi rispose: “In tre anni si può fare ma non ci si riesce sempre”. Oggi la nostra promozione è di rimanere in A. Altrimenti sono le promesse degli innamorati di 18 anni che girando l’angolo si fidanzano con altri».

La sua gestione del Benevento è già nella storia: è stato l’unico club che in un anno solare è passato dalla serie C alla serie A…. «Personalmente ho sempre cullato dei sogni. E sono belli quando si avverano. È successo raramente che una famiglia investa come noi e resti per undici anni in C. Facendo un attimo i conti, tenendo presente i i casi Monopoli e Sorrento, noi abbiamo conquistato una promozione ogni due anni. C’è poco da fare: il lavoro e gli investimenti devono dare dei risultati. A lungo andare qualche sforzo viene anche ricambiato».

Come ci si sente ad essere il presidente di un club che dopo 88 anni di storia è entrato nel calcio che conta?
«Un uomo da solo non può fare nulla. Tanti sono stati i fattori. Prima di tutto l’entusiasmo. Abbiamo fatto un finale di stagione in maniera splendida. La città, che inizialmente era pessimista, ci ha sostenuto».

Sì ma si prenda qualche merito anche lei…. «Se proprio devo peccare di modestia allora dico che ho avuto la capacità di non aver esonerato il mister nei due mesi di crisi. Da febbraio fino a metà aprile abbiamo consumato tanti punti. C’erano molti
corvi sul Benevento e su Baroni. In quel momento ho avuto la razionalità di capire di non mandarlo via. Nel calcio arriva sempre il momento nero.  Ho utilizzato i miei dieci anni di esperienza. Quando si cambia si ammette di aver sbagliato. Ne ho fatti tanti di sbagli ma ora sto  cercando di limitarli».

Questa nuova esperienza la porterà ad entrare negli stadi più importanti d’Italia. Però i tifosi del Benevento al San Paolo saranno solo 1.100….«Ho addebitato questa mancanza di biglietti al Napoli. Mi è dispiaciuto molto. Noi abbiamo ufficialmente richiesto un aumento della disponibilità alla società azzurra e non abbiamo avuto risposta. Anche il cugino di campagna se viene a trovarti la casa è sempre aperta…. Mandare mille biglietti per una partita che si gioca in uno stadio di sessantamila spettatori è davvero poco. Che posso dire, mi auguro che quei mille fortunati riescano a stare al passo dei napoletani».

Che partita si aspetta? «Che i miei ripetano la gara con il Torino. Abbiamo giocato contro tanti campioni domenica scorsa. L’attacco granata vale da solo l’intera città di Benevento. Poi la solita ingenuità ci ha portato alla sconfitta per la seconda volta. A Napoli mi auguro di non perdere per inesperienza. Non me ne voglia nessuno, ma se blocchiamo il Napoli sarà una bella
soddisfazione. E come aprire una bottiglia di champagne anziché una di spumante».

Giuntoli lo conosce bene visto che lo voleva con lei tre anni fa. Se avesse potuto, quali giocatori gli avrebbe chiesto per il suo Benevento? «Un centrocampista e un esterno. Purtroppo sia Allan che Insigne non sono alla portata del Benevento e allora non ho chiesto nulla. Lorenzo l’ho incontrato in serie C col Foggia quando c’era anche Sau e ci castigò. Speriamo che non segni di nuovo a noi…».

Le sue figlie Rosanna e Valentina hanno un complesso sportivo a via Caravaggio dove tanti giovani napoletani ci vanno per imparare il calcio scegliendo i colori giallorossi…. «È un progetto molto bello ed è una cosa che stiamo conquistando giorno dopo giorno. Raggruppiamo circa 400 ragazzi che scelgono noi per professionalità e competenza. Ma al di la del calcio abbiamo un centro che dà sfogo a 4 mila napoletani. Abbiamo tre piscine, sei campi di  calcetto e un parcheggio di 400 auto. Le ragazze hanno creato un polmone  di verde dove prima si portavano a spasso i cani….».

Dall’alto della sua esperienza imprenditoriale, cosa si può fare per migliorare il calcio in Italia? «Si dovrebbe ridurre lo strapotere dei procuratori e far diventare il contratto di lavoro adeguato ai rapporti di chi dà uno spettacolo e di chi lo procura. Ci sono troppe abnormità. La possibilità di veto si potrebbe fare con una norma semplice. Nel momento in cui un calciatore chiede di venire da te, appena si siede vuole aumentarsi lo stipendio. Io sono per una via di mezzo. Tanti anni fa sembrava il contratto di schiavitù ora è troppo libero. Poi mi consenta di dire che serve assolutamente la riduzione dei contributi per evitare di favorire il nero. Se io in serie C pago 100 mila euro di stipendio ad un calciatore ne devo sborsare 250mila di contributi. In questo modo si fanno i famosi patti di non trasparenza. Qui non si parla di non voler pagare il calciatore ma il rapporto deve essere paritario. Se sei di fronte ad una forzatura questo mercato continuerà a lievitare e ci sarà sempre malumore. Purtroppo siamo divisi, perché l’oggetto del desiderio, cioè il calciatore, se non resta da me va da un altro. Ecco, quindi, che poi poi nella pratica, per tenerci Insigne, per esempio non badiamo a spese».

La Redazione

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