Turn-over. Adessopare girare tutto intorno a questo. Imposto da un calendario che si trasforma in frullatore. Il turn-over, che spacca in due: favorevoli e/o contrari e tesi che si accavallano, fino ad arrivare a lui, Dries Mertens, l’indiscutibile. Per lui le tesi si accantonano. Trentaquattro gol nella passata stagione, tre in questa fase iniziale, più i quindici assist di allora e i due di adesso. Un «falso nueve» che ha dimostrato di essere autentico uomo squadra, mettendo in luce un calcio diverso, sempre verticale, però assai più palleggiato: è il Sarrismo esibito nella sua massima espressione. Adesso esiste il Napoli del turn-over ed il Napoli di Mertens. Il Napoli del folletto vede l’uno-due nello stretto, la convergenza in mezzo di Insigne e semmai di Callejon, la capacità di sfuggire ai difensori centrali, la semplicità nell’allargare il campo per far sovrapporre Ghoulam oppure Hysay; il Napoli del turnover ha altri codici, simili ma non eguali. Ma quando occorre la sinfonia, un tocco, una finta, una veronica e poi via, attraverso una affinità elettiva che unisce Insigne e Callejon a Mertens ed i centrocampisti e pure gli esterni a loro, è in quei momenti che, in barba al turn-over il Napoli «dipende» da Mertens.