I gol fanno giri immensi e poi ritornano, proprio come certi amori, proprio come Milik. Il polacco è un’«arma letale» in più: «Ho pianto, ho avvertito un po’ di depressione». Quando si dice e scrive Milik, inevitabilmente si ripensa un po’ a Higuain, a quell’estate in cui spunta questo centravanti vecchio stampo, un corazziere che (apparentemente) richiede traversoni, poi ti accorgi che è sì, l’ariete che t’aspetti, ma anche il bomber padrone di se stesso, quello con l’istinto del «killer» e la vocazione del «doppiettista». La Nazionale polacca lo ha tolto al Napoli, la nazionale polacca lo restituisce: «Ho sofferto tanto e sono felice per aver segnato: è stato un periodo difficile, perché sono rimasto fuori vari mesi per quell’infortunio, perché ho vissuto troppe gare senza riuscire a fare gol». Nel Napoli lui e Mertens. La diversità li unisce e li separa, è la natura che li ha divisi, è l’esplosione di quel diavoletto che qualcosa gli ha tolto (statisticamente), tranne l’onestà culturale di comprendere Sarri e le sue scelte: «Se uno segna come Dries». E se poi ricomincia anche Milik…..