Buriani: «Rottamato da Mandorlini e dal Napoli»

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Il sogno da bambino è realtà: giocare in A. Poi in un attimo il sogno si trasforma in incubo: tutto si sgretola. Continuano le storie della Gazzetta sugli eroi sfortunati. Carriere spezzate in un amen, magari dopo aver vinto lo scudetto della stella col Milan e giocato al fianco di Falcao e Maradona. La corsa di Ruben Buriani si è fermata in un Inter-Napoli: gamba spezzata da Mandorlini (che oggi torna a S. Siro col Genoa) e licenziamento dopo 6 mesi perché non era in grado di allenarsi. La vita da mediano finisce così, con una lettera che ancora oggi è molto più di una semplice cicatrice.

CRUIJFF, FALCAO, MARADONA

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Dalle stelle alle stalle. Il Milan nel 1980 finisce triturato dal calcioscommesse: retrocesso in B. Buriani aveva appena esordito in Nazionale. «Proprio durante un ritiro sento l’avvocato Prisco dire “Ci sono dentro”. E mi spavento. In sede tutti negano. Invece trovano gli assegni del presidente. Ero sotto contratto e seguo i rossoneri in B, giocandomi la maglia azzurra e forse il Mundial 1982. Torniamo subito in A con Radice nuovo allenatore: la sua avventura parte male. Disputiamo il Mundialito, con noi c’era persino Cruijff. Radice voleva darci solo 20 giorni di vacanza. Ci rifiutiamo, lui chiede a Cruijff chi avesse ragione e l’asso olandese si schiera dalla nostra parte, facendolo imbufalire. In ritiro svolgiamo carichi pesantissimi: gli altri volano, noi siamo piantati. Precipitiamo ancora in B. Cambio aria: vado al Cesena. Altra retrocessione. A sorpresa Dino Viola mi vuole per il centrocampo della Roma. Arrivo dopo il k.o. nella finale di Coppa dei Campioni. C’è grande voglia di rivalsa ed Eriksson si dimostra un tecnico innovatore. Dopo Rivera, eccomi al fianco di Falcao: grande tecnica e buone doti fisiche, ma non un vero e proprio leader. Stava sulle sue. Se devo fare un nome, allora dico Cerezo: una forza della natura. Faccio un bel campionato e passo nel Napoli di Maradona. Beh, Diego è stato il più grande che abbia mai visto: aveva solo il sinistro, ma faceva cose impossibili. E poi era forte, non riuscivi a buttarlo giù. E per i compagni si faceva in quattro. Davvero unico. A Milano in quel giorno di novembre ero titolare. Maradona segna un gol bellissimo: controllo e tocco a bruciare Zenga. Poi arriva l’appuntamento col destino: non vedo arrivare Mandorlini. E questo mi ha fregato. E’ venuto a trovarmi il giorno dopo, da allora mai più visto. E’ stato un intervento duro, ma il licenziamento del Napoli mi ha fatto più male»

Fonte: gasport

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