Mertens? Il centravanti è sceso tra di noi e s’è fatto bomber. Sarri lo predisse a Dimaro
Il successore del Pipita è nato tra le montagne
Ci vorrebbe Darwin per introdurci in Mertens, per andare a scorgere cos’è cambiato, perché è cambiato. «Luce si farà sull’origine dell’uomo e la sua storia». E il calcio, ch’è scienza perfidamente, diabolicamente, (im)perfetta può aiutarci a capire cosa sia successo dal 15 ottobre in poi, il giorno in cui quel centravanti (sconosciuto) è sceso tra di noi e s’è fatto bomber.
STATISTICHE.
I numeri, a modo loro, non mentono mai e il primo Mertens, quello che pare appartenga all’era del Pleistocene e invece è l’essenza dei giorni nostri, viaggia su tendenze rilevanti eppure umanissime, segna tanto ma non sfonda il muro del gol, ondeggia tra gli eletti ma rimane su ritmi che lambiscono la normalità: tredici reti nella sua prima stagione partenopea, in 47 presenze complessive con la media uno ogni duecento minuti; 10 nella sua seconda tornata, ch’è ricca di 51 partite e d’una parabola che lo fa inabissare ad una rete ogni 305 minuti; e undici pezzi pregiati nella sua terza annata, un puzzle di 40 gare ed un proprio autografo in calce ogni 152 minuti. Il senso del calcio, rileggendo Sarri, è in quella tentazione che a Dimaro-Folgarida ne ispira la lucida follia, nel desiderio un po’ naif di preparare la successione ad Higuain lavorando su un prototipo di calciatore moderno: «Mi piacerebbe provarci con Dries».
METODO SARRI.
E’ il tratto d’un sognatore, a modo suo un rivoluzionario, che ha bisogno d’alimentarsi di se stesso, delle proprie teorie e l’infortunio di Milik e la crisi d’identità di Gabbiadini aprono tatticamente al laboratorio contro la Roma (ma meno d’un tempo) e poi con l’Empoli (da quel pomeriggio ormai staticamente): il Mertens prima maniera di questo Napoli ne ha segnati quattro in 519 minuti (e siamo ad una frequenza di un gol ogni 284 minuti), ma quando poi l’area di rigore avversaria diventa sua e il “falso nueve” lascia il posto a quello autentico, ne arrivano venti in 24 partite (tra campionato e Champions, ma da escludere quella di Crotone dove prima fa l’esterno e poi s’ingegna nella inferiorità numerica in un attacco che non ha più tridente): segna ogni 86 minuti, fa triplette, poker, fa il fenomeno e forse neanche lui sapeva d’esserlo. E’ l’evoluzione al tempo di Mertens.
Fonte: CdS