Insigne: “Loro sono forti, non mostri. E noi siamo molto vivi. Il San Paolo ci darà una carica pazzesca
Sono gli occhi che parlano: «Il 3-1 condiziona il giudizio. Ma noi siamo vivi, e lo vedrete». La corrida parte prima è nell’espressione immalinconita d’un uomo che ne ha scoperta un’altra ancora: gli mancava il Real Madrid, nel personalissimo curriculum, un gol al Bernabeu, una straordinaria prodezza, con Keylor Navas che altro non può fare se non buttarsi disperatamente e guardare la palla nel sacco, per avvolgerlo nel cuoricino. Un gol speciale, da lanciare verso sua moglie Genny, in tribuna ad aspettarlo. E’ andata, però al risveglio, con la testa tra le nuvole, rimane il retrogusto amaro in questa giornata in cui Lorenzo Insigne s’è sistemato al fianco della mitologia calcistica, lui e Maradona, lui e CR7, lui e quel 7 marzo in cui servirà ancora altro di sé: magari gli occhi di tigre, per la remuntada. «Si può fare e vi spiego perché».
Eppure, Insigne, c’è stato un momento in cui è stato bello. «Si riferisce al vantaggio e peccato sia durato poco, una decina di minuti. Ma quando sei in campo non ti rendi conto del tempo che passa e comunque pensi ad altro. E però aggiungo: io non sarei così pessimista. Il 3-1 condiziona il giudizio globale».
Sullo 0-1 neanche il sospetto: qui la vinciamo? «Era appena cominciata, ne avevo percezione. Sapevo che sarebbe stata lunga ed anche dura. E poi quando sei lì ti rendi anche conto di quanto siano bravi, di cosa voglia dire essere campioni, di come si affrontino certe gare avendo dentro di te un bagaglio d’esperienza che hai accumulato in tutte le manifestazioni di questa terra».
Ma voi ci avete creduto poco, forse. «Non abbiamo giocato male, siamo stati diversi da quelli che in genere mostriamo di essere. Ma non è stata paura, né soggezione».
Lo chiamano il miedo escenico, è l’effetto-Bernabeu. «Penso invece sia stato altro: ad esempio, l’abitudine ad affrontare questo genere di gara. Loro ce l’hanno nel Dna, hanno vinto coppe di ogni tipo, ne hanno vissute a decine o anche a centinaia. Noi siamo sulla strada giusta, ma abbiamo bisogno di crescere: per farlo, servono gare come queste ed anche delusioni del genere, dalle quali però ci si rialza. Perché il Napoli è vivo e lo vedrete al ritorno».
Visti da vicino...? «Vabbè, a parte Cristiano Ronaldo, io sono rimasto impressionato da Modric, che è autentico fenomeno. Ti rendi conto, quando lo osservi, che ha doti naturali, che fa tutto in scioltezza, che fa sempre la cosa che non t’aspetti».
S’è portato a casa la maglietta di CR7. «L’ho incrociato all’uscita dal campo, per l’intervallo, ed è stato istintivo chiedergliela».
Mai pensato: questi sono mostri? «No, perché pur essendo di livello assoluto, e degni della massima considerazione, non lo sono. A noi è venuta meno qualcosa, penso ad una certa tranquillità per esprimerci con le nostre giocate. Ma ci sono state fasi in cui siamo riusciti a palleggiare, stretto e largo, ed abbiamo creato. Loro hanno avuto occasioni, mica le neghiamo, ma pure noi: potevamo andare al ritorno sul 3-2, un aiutino niente male. Ma la fortuna ha girato lo sguardo. Sono cose che chi gioca al calcio conosce perfettamente bene, sa che non è una colpa, né un demerito. Noi siamo gli stessi dei diciotto risultati utili consecutivi, quelli che sono andati all’intervallo sull’1-1 con il Real Madrid».
E’ stata la sua serata, quella d’un uomo che, nella tormenta emozionale, prende per mano i compagni. E che chiude con la fascia di capitano. «Ho venticinque anni, non sono vecchio ma neanche più ragazzino, non mi sento leader e semmai queste valutazioni le lascio a voi, ma so quanto sia legato a questa squadra ed a tutti quelli che giocano con me. Io sono a disposizione d’una squadra che è sempre stata disponibile nei miei confronti».
Vi hanno stupito, però? «Venendoci a pressare altissimi, come non avevamo mai fatto in precedenza. Noi li abbiamo studiati, hanno modificato il loro modo di giocare, l’hanno fatto per non subire altrimenti il Napoli. E a noi è venuto meno il giro-palla, abbiamo lasciato Mertens un po’ troppo isolato».
Con le Grandi si scatena. «E’ diverso il gol in certe partite, ma segnare dà gioia solo se poi arriva il risultato».
Gliene servirebbe, giocando un po’, uno anche al San Paolo, ma subito, proprio intorno all’ottavo. «L’errore sarebbe buttarsi avanti a capofitto. Novanta minuti sono interminabili e noi abbiamo dimostrato, in questi anni, di saper fare gol. E’ successo anche a Madrid, bisognerà avere pazienza. Sarà un’altra partita, stavolta: verranno in uno stadio che sarà una bolgia e sono convinto che noi saremo da una parte più rilassati e dall’altra più carichi, perché quella gente – i diecimila, i ventimila che ci hanno seguito in Spagna – andrebbero ripagati».
Il giorno dopo la sconfitta al Bernabeu a cosa pensa Insigne? «Alla partita di domenica a Verona, contro un Chievo che è stato capace di andare a vincere in casa del Sassuolo e che sta facendo molto bene in questa stagione. Dobbiamo ricaricarci immediatamente, perché il campionato chiama».
E voi siete in corsa ancora su due fronti e mezzo... «Su tre, se consente: perché Napoli-Real Madrid diventerà diversa. Vi stupiremo. Ritroveremo noi stessi, quelli che la gente è abituata a vedere. E comunque mi permetto anche di aggiungere che non mi sembra che poi sia stata una così brutta partita, come dice il 3-1. E’ il risultato che inganna».
E’ un sogno che resta…? «Certo che sì. Io voglio vincere e non dico cosa: voglio altri trofei importanti, da godermi con questa maglia addosso».
Fonte: Corriere dello Sport