Dal Cittadella al Bernabeu
Il 26 settembre 2004 Florentino Perez, presidente del Real Madrid, si chiedeva se quelli – Casillas, Roberto Carlos, Zidane, Owen, Ronaldo il brasiliano e Beckham – fossero ancora i Galacticos, dopo averli visti perdere il giorno prima in casa dell’Athletic Bilbao. Nello stesso giorno il produttore cinematografico Aurelio De Laurentiis si avviava verso il San Paolo, dove il Napoli, da lui resuscitato con assegni per 32 milioni nelle aule del tribunale di Castelcapuano, avrebbe giocato la prima partita di serie C. Finì 3-3 contro il Cittadella ma quello che colpì il neo presidente della Napoli Soccer, vestito in abito color panna, furono i 55mila spettatori a Fuorigrotta. Prima di volare a Londra, dove lo aspettava Angelina Jolie per un contratto, confidò la sua felicità per quella manifestazione di affetto: aveva intuito che quello sarebbe stato uno dei punti di forza in un’avventura che già lo esaltava. Del Napoli voleva fare un club di alto livello internazionale, come quello di Maradona che vinse due scudetti e la Coppa Uefa, arrivando alle sfide di Coppa dei Campioni contro il Real Madrid. Quel giorno è arrivato. Tra 48 ore il Napoli torna sul campo dei Galacticos, dopo quasi trent’anni. È una sfida che appare squilibrata non soltanto sotto l’aspetto tecnico. Il Sole 24 Ore ha proposto uno studio sui fatturati delle sedici squadre che partecipano agli ottavi Champions e il Napoli è tra quelle che ha i numeri più bassi, relativamente al 2016: 142 milioni. Il Real Madrid ha stimato in 620,1 milioni gli introiti nel 2016 e soltanto un club, peraltro quest’anno non iscritto alla Champions, ha fatto di più: 689 per lo United. C’è una differenza di 478 milioni, quasi mezzo miliardo, tra Napoli e Real e questo non sorprende considerando l’arretratezza del calcio italiano di fronte allo strapotere economico del club che ha vinto più Coppe dei Campioni-Champions League. Dodici club sui sedici qualificati per gli ottavi hanno il fatturato più alto rispetto al Napoli, che per mantenere l’equilibrio finanziario – i bilanci 2015 e 2016 sono finiti in rosso – ha la necessità di partecipare ogni anno alla Champions. Il fascino delle partitissime coi Galacticos va bene, ma è fondamentale arrivare almeno al secondo posto in campionato per riconfermare la presenza nella prossima stagione e gli introiti che già la fase a gironi garantisce. Dal Cittadella al Real Madrid. In questi 12 anni e mezzo il Napoli ha compiuto passi da gigante. Una crescita testimoniata dalla qualità degli acquisti, con De Laurentiis che ha sempre cercato di applicare sul mercato quella regola concordata con l’ex dirigente Marino nel 2007, quando la squadra tornò in A: investimenti sui giovani, da utilizzare per anni (il caso di Hamsik, alla decima stagione azzurra) o da cedere con una significativa plusvalenza (il caso di Lavezzi, preso a 6 milioni e ceduto a 30). Il progetto tecnico è arrivato al punto più alto. O quasi. Perché eliminare il Real Madrid negli ottavi di Champions e la Juve (341 milioni il giro di affari del club bianconero nel 2016) nelle semifinali di Coppa Italia significherebbe ribaltare la classifica dei fatturati. È la sfida che gli azzurri vogliono vincere in 50 giorni, per rendere felici anche quelli che indossavano la stessa maglia, e con lo stesso orgoglio, in quella domenica di fine settembre del 2004, quando a Fuorigrotta si riaccese la speranza.
Fonte: Il Mattino