La curva del Bologna razzista, Diawara e i tifosi azzurri bersaglio tutta la gara. Piccoli incidenti
Fischi e insulti per Diawara, cori razzisti ai tifosi napoletani
Ci mancava solo questo ragazzo di 19 anni a rendere ancor più critici i rapporti tra tifosi del Napoli e del Bologna. Ci mancava solo Diawara a scavare un solco ancor più profondo tra i popoli delle due curve. Come se non bastassero già i rancori che ogni volta tornano a galla. Come quando persino l’appello di Gianni Morandi di un gemellaggio nel nome e nel ricordo di Lucio Dalla andò a vuoto e gli ultrà del Bologna fischiarono anche le note di «Caruso». E così, la curva che porta il nome del grande Bulgarelli si lascia andare agli immancabili «lavali col fuoco», per fortuna sempre più fuori moda negli stadi italiani. Ma qui hanno riportato alla ribalta quei cori beceri: anche nel finale, quando la squadra azzurra incantava e non si fermava davanti agli spettri colorati di rossoblù. «Lavali col fuoco, Vesuvio lavali col fuoco». È una notte delle streghe per quelli del Bologna. E non solo per i sette gol che il Napoli rifila. E allora eccola la tensione montare col passare dei minuti: quando, nei pressi di via Andrea Doria, quasi a ridosso dell’ingresso della curva Bulgarelli, in uno dei ritrovi del tifo felsineo, poliziotti e ultrà del Bologna si sono affrontati a muso duro, con quest’ultimi che hanno lanciato petardi e bengala verso gli agenti schierati in assetto anti-sommossa. Scaramucce e qualche scontro, poi alla fine tutto è rientrato anche per l’arrivo di altri rinforzi. Per presidiare l’arrivo dei circa 8mila tifosi napoletani sono schierati circa 800 tra agenti e streward: una vera invasione, come avviene spesso da queste parti. La più memorabile, in occasione del 2-4 nell’aprile del 1990, quando il Napoli allungò le mani sul secondo scudetto. Insomma, ci mancava Diawara e il suo ritorno a Bologna: è molto più che un rientro, è una metamorfosi. È un coming home con colonna sonora e morale: nel calcio contano (solo) i sogni di gloria, le ambizioni e non il campo dove sei diventato grande. E allora quando entra in campo per il riscaldamento arriva la prima sonora accoglienza a colpi di bordate di fischi e di insulti. Qui non gliela hanno perdonata. Lui ha voltato le spalle per scegliere la città facile. Si accomodasse, il reietto. E così quando calcia (a lato) al 14′ lo stadio lo insulta senza risparmiargli nulla. E stessa cosa al 20′ quando rimedia un cartellino giallo per un fallo su Pulgar. E nel momento in cui esce dal campo, i fischi per il ragazzo sono come un uragano. Ed è la notte del minuto di follia di Callejon, che prima provoca un rigore e poi si fa espellere per la prima volta da quando è in Italia per aver calciato da terra Nagy in una isterica reazione, rimediando un rosso diretto. È la sua seconda espulsione della carriera: il precedente nella Liga il 7 marzo 2010, quando era al Real Madrid (con il Villarreal). Ma per doppia ammonizione.
Fonte: Il Mattino