Insigne è il padrone di casa. D’accordo, nessuno è profeta in patria ma qualcuno c’è riuscito, per questo lo scugnizzo ha scelto di provarci e sente che sta per riuscirci. Napoli va diventando sempre un pochino più “sua”. Le luci di San Siro s’accendono in fretta su Lorenzinho e brillano sulla felicità che è ovunque, sparsa tra l’erba d’uno stadio che gli appartiene. Centocinquantuno presenze in campionato, soltanto altre otto dalle duecento complessive, trentotto reti finora, con dentro la punizione teneramente perfida che servì per battere il Borussia Dortmund o la doppietta (la prima in azzurro) sfruttata all’Olimpico di Roma per liberarsi della Fiorentina e cogliere una coppa Italia da protagonista. Ma anche lo sbuffo per la sostituzione a Torino che scatenò la reazione di Sarri. Quello stesso Maurizio Sarri che lo ha fatto risplendere riuscendo a trascinarlo – l’anno scorso – in doppia cifra. Napoli-Fiorentina è un po’ la sua partita: la «viola» è ispirazione allo stato puro, l’avversaria alla quale – dopo il Milan – ha segnato di più, perché oltre alla doppietta nella finale di coppa Italia, avendoci provato gusto, gli è «scappato» anche il gol nel 2-1 (spettacolare) dell’anno scorso e quella diabolica rasoiata nel 3-3 di un mese fa a Firenze, chiuso all’incrocio dei pali. Quando Insigne ha (ri)cominciato a sentirsi bandiera. (CdS)
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