Quando Ferlaino cacciò un camorrista dalla sede del Napoli: “Ho sempre tenuto alla larga certi personaggi”
Maradona a Napoli per lo spettacolo di Alessandro Siani a lui e ai trent’anni dal primo scudetto del Napoli dedicato, ha suscitato anche ricordi non proprio piacevoli, come l’ombra della camorra sullo scudetto non vinto dal Napoli dodici mesi dopo il primo. Anche Corrado Ferlaino in un’intervista che concesse al Guerin Sportivo ha sottolineato come non c’entrasse nulla la camorra nella sconfitta col Milan, che costò lo scudetto agli azzurri: “So che a più riprese sono circolate voci di scommesse. Nulla di vero: la squadra era stanca”.
Ferlaino parla della camorra, senza reticenze. “Ho sempre tenuto alla larga certi personaggi. Un giorno ne affrontai uno e lo cacciai dalla sede, prendendolo per la giacca. Mi chiamava spesso la Questura per informarmi che dalle intercettazioni emergevano notizie riguardanti scommesse clandestine sulle nostre partite. Allora io ai ragazzi, senza svelare nulla, raddoppiavo o triplicavo il premio partita perché non volevo correre rischi”.
E Maradona, il campione che una notte posò nella vasca a forma di conchiglia dei Giuliano? Della sua dipendenza dalla cocaina ne era al corrente il presidente? “No. E non mi interessava. Ho sempre agito così, nel rispetto dei ruoli. Io sono il presidente e acquisto le prestazioni sportive del giocatore, non la sua vita”.
Da capitano, Juliano introdusse la regola dei premi per la «Bassa forza», come l’aveva chiamata lui, quella squadra composta da magazzinieri, massaggiatori e inservienti. “Vivevano con stipendi modesti, mentre noi guadagnavamo bene. Così, quando vincevamo, dicevo al presidente: il premio va anche a loro. Quando tornai da dirigente, come prima cosa aumentai gli stipendi ai collaboratori: stiamo bene noi, ma devono stare bene anche gli altri”.
Da dirigente, due colpi: Krol nell’80 e Maradona nell’84, fortemente voluti da quell’orgoglioso ex capitano che dopo i Mondiali del 70 aveva rifiutato il Milan. Quattro anni dopo, nella Coppa di Germania, Totonno rimase a guardare. “Una discriminazione clamorosa già al momento dei numeri di maglia. Era il terzo Mondiale, non ce la feci a stare zitto e portai l’esempio di Zoff: finché era a Napoli non giocava, quando passò alla Juve diventò titolare”.
Fonte Il Mattino