De Laurentiis: “Ora penso che la smetterete…”. Mertens: “Non capisco come ho fatto”.
Sette gol in sette giorni. Tipo Carlo Verdone, più o meno, che in sette giorni però doveva far smaltire sette chili. Altro che pallone! Stavolta Dries Mertens si porta via tutto lo stadio: segnare un poker di gol al San Paolo è un’impresa pazzesca, cosa che non capitava da 39 anni in una gara di campionato. E anche allora era un 18 dicembre (del 1977) quando Beppe Savoldi calò il suo poker al Foggia (finì 5-0). Prima di lui c’erano riusciti due miti azzurri: Hasse Jeppson il 27 settembre del 1953 (all’Atalanta: 6-3) e poi Luis Vinicio il 9 giugno del 1957 (al Palermo: 4-1). Preistoria. Solo Attila Sallustro è riuscito a fare meglio di loro: il 12 maggio del 1929 di gol ne fece cinque alla Reggiana (finì 6-2).
«Non me ne rendo neppure conto di quello che ho fatto».
Lo capirà quando rimetterà piede a casa, portando con sé il pallone del match. E magari all’uscio ha trovato la fidanzata Kate con le braccia incrociate a rimproverarlo per il secondo pallone consecutivo che porta a casa.
Come a dirgli: «E ora dove lo mettiamo?». Sette gol in sette giorni. Quattro ieri, tre a Cagliari: andare a disturbare i libri di storia è inutile perché mai nessuno ne ha fatti così tanti in 180 minuti consecutivi. «Mi trovo bene, benissimo. Non è una questione di posizione, è una questione di squadra. Mi trovo benissimo con questo Napoli e il suo gioco». Farà 30 anni a maggio, non è proprio un ragazzino. Eppure non ha mai corso così tanto in vita sua come fa con Sarri. «Sono molto contento perché segno e vinciamo. Non posso voler di più dalla vita». Eccolo col pallone sotto il braccio, firmato da tutti i compagni, con cui non si è separato mai. Magari lo ha portato pure nel letto, come Fabio Cannavaro fece con la Coppa del Mondo nella notte di Berlino. Di sicuro lo ha portato con sé nel pranzo a Villa D’Angelo Santa Caterina, senza staccarsene praticamente mai neppure quando ha abbracciato Michele Giugliano, il proprietario del locale dove il Napoli si è ritrovato dopo la gara per la festa di Natale. Oppure quando si è staccato per le foto, ha continuato a guardarlo da lontano, temendo lo scherzo di qualche compagno. Lo ha piazzato anche sulla torta. Per la foto ricordo. Poco prima del quarto gol, lo sguardo di Mertens esprimeva sempre lo stesso sentimento: voracità. Chi segna tre o quattro gol in una partita, non lo deve soltanto alle proprie qualità, alla sua grandezza, all’istinto del killer, all’opportunismo: e non basta per segnare quattro gol in una sola partita che la sua squadra sia più forte dell’altra e sia il miglior attacco d’Italia. Per farlo, occorre essere insaziabili al di là delle necessità del momento. «In che cosa dobbiamo migliorare ancora? In tante cose, ci sono stati degli errori che non dovremmo mai fare. Ha ragione il nostro allenatore a rimproverarci». Mertens ha fatto un gol alla Maradona, è salito sul palcoscenico, si è affiancato al club dei «pokeristi» azzurri eppure si sofferma sui dettagli, sulle colpe non sue. Perché, al di là delle statistiche, ciò che impressiona è il modo in cui Mertens col passare delle partite ha imparato a trascinare la squadra. E quando si trova nell’area di rigore pugnala gli avversari con la spietatezza di un killer consumato. 10 gol in campionato, 17 in stagione compresi i 4 smetterete di dire che è un falso nueve», scherza (ma non troppo) Aurelio De Laurentiis. Che poi si toglie il sassolino (o macigno) dalla scarpe. «Quanti gol ha fatto Mertens? Dieci come Higuain, o sbaglio?». No, non sbaglia il patron visibilmente al settimo cielo. E neppure sbaglia quando si interroga sul mercato. «Se poi arriverà qualcun altro si dirà: ma non poteva giocare con l’altro?». Chiaro «qualcun altro» è Pavoletti, il cui arrivo è ormai il segreto di Pulcinella. Quattro straordinari dipinti, scuola fiamminga: Mertens è stato freddo e implacabile, ha soffiato sulla canna della pistola e ha fatto secco il povero Hart in un pomeriggio da incubo. «Il mio un gol alla Maradona? Mi sa che devo lavorare ancora un bel po’ per diventare come lui». Ride, alla sua maniera. Mertens è uno dei veterani del gruppo, è qui dall’estate del 2013, a lungo considerato una specie di sesto uomo (come se il calcio fosse il basket) o peggio l’alter ego di Lorenzo Insigne. Numeri da fenomeno, i suoi: la differenza, nel calcio, sta nei dettagli. E Quattro gol di un giocatore in una partita di Serie A mancavano da ben tre anni, l’ultimo a riuscirci Domenico Berardi contro il Milan, nel 4-3 del 12 gennaio 2014. «Ora c’è la Fiorentina, ed è per noi importnate chiudere con un’altra vittoria. Sarri sta portando questa squadra a livelli di gioco straordinario, e noi dobbiamo continuare a seguire le sue indicazioni», continua ancora Mertens. Il belga la classifica e le altra partite le vede. E non fa finta di essere superiore a tutto quello che gli ruota attorno. «Volevamo i tre punti approfittando degli stop di Roma e Milan: era una vittoria fondamentale ed è importante averla conquistata mostrando la nostra personalità».
Fonte: Il Mattino