Crisi Avellino, club contestato dai tifosi
La domanda, sempre la stessa, ripetuta a fine gara come una cantilena: «Che fanno, lo mandano via?». Qualche altro azzarda: «Ma è vero che si dimette?». Ma ci faccia il piacere, risponderebbe Totò. Perché la controdomanda è questa, facile facile: cosa farebbe uno di voi, con un contratto a tempo indeterminato, se la produzione della fabbrica non dovesse rivelarsi soddisfacente con i mezzi messi a disposizione? Toscano ha un contratto di tre anni che, tradotto in soldoni, ha un valore di circa 400mila euro.
Nei giorni scorsi Toscano aveva affrontato l’argomento: «Dimettermi? L’ho fatto una volta, non lo faccio più». E ieri sera ha rafforzato il suo concetto dandosi coraggio e sicurezza: «Ho la fiducia della società». Affermazione su cui ci sarebbe da discutere se si pensa che la fiducia nei suoi confronti è così tanta che mercoledì scorso, per andare a dirigere l’allenamento pomeridiano, ha dovuto attendere l’ok della dirigenza impegnata attraverso il suo amministratore unico Taccone – ripreso da una foto, nella stazione di Napoli – a colloquio con Gigi De Canio, uno dei candidati a subentrare a Toscano. «Il calcio è questo», è la rituale frase attraverso cui si giustificano tante cose e si mettono da parte tante emozioni, comprese rabbia e stupore.
TRIENNALE. Il problema, insomma, non è Toscano ma chi ha suggerito alla proprietà di legarsi al tecnico con un impegno contrattuale di tre anni divenendo ora prigioniero del suo allenatore. Perché a memoria di esperti di calcio, è raro registrare contratti biennali (i più comuni, anche nei progetti, sono di un anno più opzione per il secondo), figurarsi triennali per i tecnici, categoria piuttosto precaria. Il vecchio patron Sibilia addirittura proponeva ai suoi tecnici contratti mensili, ne sanno qualcosa Vittorio Belotti e Aldo Cerantola. Ma erano altri tempi, quando a suggerire le scelte di allenatori e calciatori era il prezioso almanacco Panini da cui si traevano le conclusioni: questo allenatore ha avuto tot esoneri e tot retrocessioni? Lasciamolo stare. Questo giocatore ha cambiato 15 squadre in 8 anni? Meglio sceglierne un altro. Ora si lavora attraverso i procuratori, gli amici degli amici, osservatori a gettone, youtube, filmati e whatsapp. Il popolo irpino vuole anche sforzarsi di comprendere, di giustificare, di perdonare, ma alla fine perde la pazienza. E allora mette in luce il proprio pensiero come ha fatto ieri esponendo
il proprio concetto concreto attraverso tredici striscioni, in risposta alle dichiarazioni espresse da Walter Taccone, con le indicazioni degli introiti registrati negli ultimi anni dalla società e qualche altro pensiero in libertà.
SOLUZIONE. Quando si arriva a situazioni del genere, la memoria insegna che siamo messi male, vuol dire spaccatura difficile da sanare. In questi casi occorre una decisione forte per ricompattare l’ambiente. «Non mi sento separato in casa – continua a ripetere Toscano, più per autoconvincersi – la società mi ha testimoniato la sua fiducia e ci siamo dati appuntamento per il solito caffè del lunedì». Ma Taccone era a Bruxelles, ieri, per impegni di famiglia. Assente l’amministratore unico, la tifoseria a fine gara ha sfogato la rabbia verbalmente contro il presidente onorario Michele Gubitosa che è entrato da poco in questo mondo del calcio assolutamente diverso da quello ovattato delle sue aziende di informatica. E’ andato via senza passare dagli spogliatoi dove il tecnico ripeteva: «Dobbiamo ripartire da questa prestazione. Se ce la siamo giocata contro il Frosinone, possiamo giocarcela contro chiunque». E il contestato rigore concesso al Frosinone? Lo slogan è quello che Toscano ripropone: «Il calcio è questo».
Corriere dello Sport