“Il gol è come un orgasmo. Se non ci si può arrivare, bisogna inventarsi qualcosa”. Parola di psicoterapeuta
Dopo le ultime tre sconfitte, al Napoli è chiaro che qualcosa si è bloccato, qualche circuito che prima funzionava alla perfezione ora si è inceppato. Questo Napoli gioca, ma non più divertendosi in maniera spensierata, come faceva prima, e il professor Luigi de Maio, già consulente del club, consiglia un breve percorso psicoterapeutico. Questi sono i suoi pensieri rilasciati a Il Mattino.
Mica la fiducia può venir meno all’improvviso? “Manca il concetto di gruppo che rappresentava la base dello scorso anno. Adesso ci sono le solitudini, non i corporativismi”.
Veramente i calciatori non fanno che esaltare la loro compattezza. “Si sbagliano passaggi facili, non ci sono più estro e gioia, tutti sono dubbiosi”.
Cosa c’entra il paragone con la passata stagione? “Semplice. C’era Higuain che dava sicurezza a tutti”.
No basta. Dobbiamo fare i conti con il Pipita pure su questo? “Purtroppo sì. Gonzalo s’inventava sempre il numero giusto, era un punto di riferimento per tutti, quasi uno scarico di responsabilità. E lui ricambiava la fiducia regalando certezze. Oggi queste certezze sono svanite, in campo non c’è il leader carismatico che dice: date la palla a me, ci penso io”.
Quindi si sta pagando l’assenza di chi butta la palla dentro? “Più o meno. Facciamo un esempio di tipo sessuale”.
Benissimo. Prego. “Il gol è come un orgasmo. Quando manca il mezzo principale per arrivarci, nel nostro caso prima era Higuain, allora tutti devono inventarsi qualcosa di magico che oggi non esiste”.
Come si reagisce a queste negatività? “Bisogna lavorare sul gruppo in maniera diversa. In fase di difficoltà diventa fondamentale parlare nello spogliatoio e liberarsi delle cose nascoste. Noto troppa ansia nelle giocate, pure le più elementari, da qui vengono fuori gli errori clamorosi. Ognuno vuol prendersi le responsabilità e caricarsi il gruppo sulle spalle, ma se non sei abituato diventa tosta”.
Oggi vanno tanto il training autogeno e i mental coach. “Non abbiamo più a che fare con il talento innato in grado di controllarsi da solo. La realtà attuale dice che un bravo calciatore deve saper gestire soldi, affetti, affari, pubblicità, critiche…. e tutta questa roba va a finire in un contenitore troppo giovane. L’invadenza delle emozioni è eccessiva, così che trovi il tipo in grado di cavarsela da solo e tanti altri che invece hanno bisogno di un sostegno. Questi non sono soltanto calciatori ma autentici personaggi pubblici”.
Lo metterebbe il Napoli sul suo lettino? “Farei una controllatina a livello di dinamiche globali per appurare se qualcuno rompe gli schemi. In un gruppo più o meno numeroso esistono sempre quelli che hanno enorme autostima e chi necessita di qualche appoggio”.