FOCUS – Milik in azzurro? Noi già credevamo nel ragazzo
Non è un errore di battitura, tantomeno un tentativo di neologismo, ma la fantasia di miscelare parole come si fa con gli ingredienti di un milkshake. Perché ci sono calciatori, e Arkadiusz Milik ne è un esempio, capaci di frullare insieme caratteristiche tecniche e poi riempire bicchieri interi di talento. I primi tentativi risalgono al 2000, anno in cui il polacco di Thychy inizia a difendere l’onore del Rozwoj Katowice. Poi il salto nel mondo dei pro avviene il 1 luglio 2011, quando si trasferisce al Gornik Zabrze per 75 mila euro. 40 presenze, 12 gol e 6 assist dopo è la volta di timbrare il passaporto: destinazione Germania. La punta classe 1994 diventa di proprietà del Bayer Leverkusen per 2,6 milioni, più che l’investimento, a pesare saranno le parole del direttore sportivo Rudi Voller: “Arkadiusz Milik, al momento, è considerato forse la più grande stella nascente in Polonia”. E se te lo dice uno che ha gonfiato le reti ovunque sia andato, ci puoi anche credere. Arka sì, ma il Leverkusen no: gioca 6 match di Bundesliga e 2 di Europa League, 100 minuti in totale, firmando comunque 2 passaggi vincenti. Allora va 10 mesi in prestito all’FC Augusta, dove le cose vanno meglio in termini di partecipazione, 20 gettoni di presenze, ma non ancora di marcature. Punisce il Monchengladbach di sinistro, al minuto 88, per il definitivo 2 – 2, e bissa contro lo Stoccarda. Tutt’altro accade quando indossa la maglia della sua madrepatria: 5 firme in 7 incontri con la Polonia under 19, 10 in 10 con la U21 e 6 gioie in 15 apparizioni con la Nazionale maggiore. Il suo talento allora va shakerato dove sanno farlo: l’Ajax ne prende in prestito temporaneo, con opzione di acquisto, il cartellino. Immaginate di essere seduti al tavolo di un bar dei canali di Amsterdam, a sorseggiare un frappè, poi aprite gli occhi e capirete che si sta proprio così quando ne metti in porta 23 in 32 occasioni, con tanto di 9 assistenze per i compagni. Esordio in Champions centrato, così come quello in EL, e la sensazione che l’etichetta di “nuovo Lewandowski” gli stia già stretta. Il perché è presto detto: centravanti mancino bravo nel gioco di sponda spalle alla porta, capace di marcare il cartellino con regolarità. Lavora ancora poco nel corpo a corpo col difensore, è un attaccante di manovra che gioca a uno, due tocchi. Ha notevoli capacità anche nel servizio per il compagno, calcio facile e gioco istintivo. Vede calcio, è agile e ha un piede delicato nel tocco. Presenta un’ottima struttura fisica, ma è poco determinato nei contrasti e deve prestare più attenzione ai movimenti della difesa finalizzati al fuorigioco. Attenzione, shakerare con cura.
Da IlTalentonline del maggio 2015 a cura di Francesca Flavio