Il calcio a Napoli si gioca da fine ottocento come in tutte le grandi
città italiane, solo che le compagini cittadini si alternavano nei
gironi meridionali fino alla fusione del 1926, quando nacque
l’Associazione Calcio Napoli diventata poi Società Sportiva col cambio
denominazione sociale del 1964. Giorgio Ascarelli, commerciante del
quartiere Pendino è stato il primo, lungimirante, presidente del
sodalizio Napoletano che adottò come simbolo il Cavallo rampante della
Real Razza borbonica di Persano, scomparsa poi dopo l’Unità d’Italia. Il
cavallo rampante, già simbolo fulgido della città, divenne subito
ciucciariello nell’immaginario collettivo del popolo, dopo la prima,
disastrosa, stagione agonistica nel massimo torneo nazionale, finita con
la retrocessione in seconda divisione. Fu così anche nella stagione
successiva ma in entrambe le occasioni, i vertici della federazione
ripescarono il neonato club, per premiare gli sforzi fatti e recuperare
il gap con le già consolidate potenze del settentrione. Nel 1929/30, il
Napoli, prese parte al primo campionato nazionale a girone unico, il
presidente volle svoltare e chiamò alla guida del club, l’inglese
William Garbutt che tanto bene aveva fatto al Genoa, durante la sua
esperienza in terra ligure.
C’erano Vojak e il mitico Attila Sallustro e con l’aiuto di tantissimi
altri buoni giocatori che arrivarono ottenne storici risultati, come le
prime vittorie contro i colossi del nord ed i piazzamenti in campionato,
oltre alla prima, indimenticabile, qualificazione alla Coppa Mitropa,
unica competizione europea per club dell’epoca. Giorgio Ascarelli era
imprenditore lungimirante, costruì, infatti, per primo in Italia, uno
stadio di proprietà del club. Lo fece al Rione Luzzatti, nei pressi
dell’attuale Centro Direzionale, l’impianto con spalti in legno, venne
chiamato stadio Partenopeo ma dopo l’inaugurazione del 1930, il patron
morì improvvisamente e l’impianto fu intitolato a lui. Si disputarono
diverse partite del Mondiale del 1934 ma fu definitivamente distrutto
con i bombardamenti degli alleati del 1942. La squadra visse momenti di
gloria con l’avvento di Achille Lauro ma anche brutali retrocessioni,
arrivarono giocatori di grosso calibro come Jeppson, Vinicio e Pesaola,
Altafini e Omar Sivori ma nonostante tutto, la squadra non riuscì mai a
portare a casa l’agognato scudetto. Nel 1961 gli azzurri tornarono in
serie B ma la squadra venne affidata a Bruno Pesaola. Petisso riuscì a
riportare la compagine in massima serie vincendo persino il primo trofeo
della Storia, la Coppa Italia 1961-62, battendo in finale la Spal e
divenendo insieme al Vado, l’unica società ad aver vinto tale trofeo pur
non giocando in Serie A. Nel 1964 si cambiò denominazione sociale, l’AC
Napoli divenne SSCNapoli, Achille Lauro acquistò importanti quote
societarie che poi passarono al figlio Gioacchino, dopodiché entrò in
scena l’ambizioso Roberto Fiore che acquistò fior di campioni, formando
in azzurro lo storico tandem Sivori-Altafini, ma come tutti gli altri
non riuscì mai a vincere lo scudetto.
Nel 1969 la società passa nelle mani dell’ingegnere Corrado Ferlaino,
che avviò la più lunga e vincente presidenza della storia del club
azzurro. Arrivarono Clerici, Burgnich, Bruscolotti, la squadra si
consolidò nel panorama calcistico italiano e riuscì a conquistare la
seconda Coppa Italia della storia, nel 1976, battendo in finale il
Verona. Nel 1981 sfiorò lo scudetto con Krol tra i protagonisti assoluti
ma la svolta storica avvenne nel 1984, quando al San Paolo, nel
solluchero inebriante della città, arrivò Diego Armando Maradona dal
Barcellona. Durante il settennato d’oro, il club azzurro divenne tra i
più temuti d’Italia e d’Europa, la squadra con l’avvento del Pibe
argentino ed altri innesti di grande valore, come Giordano, Carnevale,
Bagni, Careca, Alemao, Romano, Zola, Corradini, riuscì a spodestare i
grandi club del nord, rompendo quell’egemonia e quel monopolio che si
era stabilito nel corso del novecento. Memorabili le sfide alla Juventus
di Platini e i fantastici gol di Diego Maradona che condussero la
squadra al primo storico scudetto nel 1987 e il doblete con l’ennesima
Coppa Italia. L’anno dopo gli azzurri dominarono ma contro il Milan di
Sacchi, al San Paolo, persero malamente il match ball scudetto,
consegnando di fatto il titolo ai rossoneri del neo presidente
Berlusconi. L’anno dopo fu la volta dell’Inter dei record di Trapattoni
in cima al campionato ma il Napoli di Ottavio Bianchi riuscì
nell’impresa storica di vincere la Coppa Uefa in finale contro lo
Stoccarda, dopo un cammino trionfale che li aveva visti battere squadra
del calibro del Bayern Monaco.
Nel 1990 arrivò il secondo storico ed ultimo scudetto della storia
azzurra con la strepitosa vittoria della Supercoppa Italiana contro i
rivali di sempre della Juventus. Nel 1991, l’addio di Maradona
all’Italia, coincise con la parabola discendente del Napoli Calcio, il
dissesto finanziario della società portò ad una repentina caduta anche
sul piano sportivo, arrivarono allenatori che poi sarebbero diventati di
grido come Claudio Ranieri e Marcello Lippi, arrivarono Vujadin Boskov,
Galeone, Mutti, Simoni, si alternarono in tanti sulla panchina azzurra
ma nel 1998 arrivò la retrocessione in Serie B dopo anni di trionfi. Gli
azzurri tornarono in serie A soltanto nel duemila con Walter Novellino
in panchina che fu sostituito col boemo Zeman in massima serie. La
squadra a fine anno retrocesse di nuovo con Emiliano Mondonico che
subentrò nel corso della stagione al boemo. Nel 2001 arrivò De Canio che
sfiorò la promozione, poi si alternarono Colomba, Agostinelli e Simoni
ma la società nel luglio 2004 fallì sotto la guida di Salvatore Naldi e
da lì ebbe inizio una nuova storia. Nell’estate 2004 Aurelio De
Laurentiis comparve sulla scena acquistando il titolo sportivo della
fallita società a Castel Capuano, sede del vecchio tribunale nel cuore
della città, la squadra venne chiamata Napoli Soccer per non infangare
con la C il lustro e i titoli della SSCNapoli. Ventura, attuale ct della
nazionale italiana, fu il primo allenatore della nuova era ma dopo il
pareggio in casa con la Fermana, venne esonerato. Edy Reja fu chiamato
da Pierpaolo Marino per risollevare le sorti sportive della squadra, il
goriziano riuscì nell’impresa di portare gli azzurri in B al secondo
anno, in A al terzo della sua gestione e in Europa al quarto, scrivendo
la storia moderna del club con gli sconosciuti – fino ad allora –
Hamsik, Lavezzi e Garics. Quella con Roberto Donadoni in sella fu solo
una breve parentesi, la squadra azzurra rivide la luce con Walter
Mazzarri in panchina. L’allenatore toscano riportò la squadra in
Champions League dopo gli anni di Diego e riuscì a vincere il primo
storico trofeo dell’era De Laurentiis, la Coppa Italia contro la
Juventus dei record di Conte in quell’indimenticabile 20 maggio 2012.
L’epopea “Mazzarriana” terminò nel 2013, il Napoli cedette al Psg per la
cifra monstre di 65 milioni di euro la sua punta di diamante, Edinson
Cavani ma in azzurro arrivarono, Rafa Benitez in panchina e giocatori
del calibro di Reina, Mertens, Callejon, Albiol, Ghoulam e Higuaìn. Il
primo anno di marca spagnola si concluse col punteggio record in
Champions, memorabili sfide ad Arsenal, Dortmund e Marsiglia ma cocente
retrocessione in Europa League per differenza reti. A fine anno
arrivarono, però, terzo posto alle spalle della Juve e della Roma dei
record e vittoria della Coppa Italia contro la Fiorentina, in quel
sfortunato 3 maggio 2014, ricordato più per i fatti di cronaca che per
il bel gioco espresso da entrambe le formazioni. L�anno successivo si
aprì con una deludentissima eliminazione al girone preliminare di
Champions contro il Bilbao ed una partenza a singhiozzo in campionato,
le promesse non furono rispettate in sede di mercato e la squadra, via
via, perse il controllo della situazione. A dicembre 2014 a Doha, gli
uomini di Benitez, riuscirono a riportare a Napoli la Supercoppa
Italiana, battendo ai rigori la squadra di Allegri e dello scatenato
Carlitos Tevez. A fine anno, gli azzurri chiusero quinti il campionato,
perdendo il match ball Champions contro la Lazio di Pioli. Il resto è
storia recente, Maurizio Sarri viene scelto dal presidente azzurro in
modo impopolare ma il suo Napoli, nel corso della stagione, ha stupito
tutti, convincendo anche gli scettici. La squadra azzurra capitanata dal
leader Reina, dopo un inizio balbettante arriva persino a contendere lo
scudetto alla Juventus, divenendo di fatto anche Campione D’Inverno dopo
tantissimi anni d’attesa dall’ultima volta. A febbraio scorso, però, la
sfida scudetto persa contro i bianconeri di Allegri, col famoso gol di
Zaza, quasi allo scadere, riporta gli azzurri sulla terra. Rimandando,
di fatto, ancora una volta l’appuntamento con la storia. Il secondo
posto finale e la qualificazione diretta ai gironi di Champions daranno
nuova linfa alla squadra, che ha entusiasmato tutto il movimento
calcistico italiano col suo bel gioco e i molteplici record messi a a
segno. Sperando che il prossimo sia sempre quello buono per trionfare.
Gaetano Brunetti per Il Roma