Furino e l’apoteosi del dna bianconero: “Le difficoltà iniziali per dare un po’ di pathos alla serie A”
Beppe Furino è bianconero fino al midollo. Non vuole sentire parlare di favori arbitrali e esalta le qualità del DNA bianconero. Il mondo Juve raccontato dall’ ex calciatore della Vecchia Signora, appare perfetto ed imbattibile e lo racconta alle pagine de Il Mattino:
Quale lo scudetto più bello di questi ultimi cinque? «Beh, sicuramente questo. Una rincorsa mozzafiato, a un certo punto ho pensato che Allegri lo abbia fatto apposta per dare un po’ di pathos alla serie A».
Dopo la partenza ad handicap è scattata la “juventinità”? «È il valore aggiunto dell’appartenenza. Magari non ci sono più persone carismatiche come l’Avvocato Agnelli o Boniperti, ma dirigenti preparatissimi come Marotta, bravi a farsi circondare da uomini con grande competenza».
È cambiato qualcosa dai suoi scudetti a questo? «Penso che il Dna sia rimasto immutato. A me davano il compito di accompagnare i primi passi dei nuovi acquisti, facendoli dormire nella mia stanza. Toccò a me spiegare a Damiani e Cabrini cosa significava indossare la maglia a strisce bianco e nere».
Ci dice qualcosa che non funziona nella Juventus? «Niente. È una società che sembra una famiglia. Dove cambiano i volti ma non i principi che sono alla base di tutto».
E gli altri? «Il Milan a lungo ha provato a darsi una organizzazione simile. Ora vedo che anche loro hanno mollato».
Ma lei, nei suoi 12 anni alla Juve, ha mai avuto la sensazione di essere favorito da un arbitro? «Avessi avuto questa sensazione avrei evitato di correre a mille ogni volta, di rischiare di spaccarmi il cuore all’inseguimento di Rivera o di qualcunaltro…Non ho mai pensato, neanche una volta, di aver vinto per un regalo di un arbitro»