Sosp maria Delio Rossi il Roma
Testa alta, gambe levate. La corsa scudetto non è finita e il Napoli
deve fidarsi di Gabbiadini. Delio Rossi sprona gli azzurri a reagire,
perché le quattro giornate di squalifica a Higuain hanno depresso
l’ambiente azzurro che deve però scuotersi, per ritrovare la retta via
smarrita a Udine e continuare a inseguire un sogno diventato sì più
difficile, ma non impossibile. Ecco dunque l’analisi dell’esperto
allenatore ex Lazio, Fiorentina, Palermo e Bologna (tra le altre) che
nell’estate 2013 spinse la sua Sampdoria ad acquistare Manolo Gabbiadini
quando era alla guida dei blucerchiati. Dalla squalifica del Pipita alle
speranze scudetto, Delio Rossi la vede così.
Partiamo dalle quattro giornate di squalifica a Higuain. Provvedimento
giusto o esagerato?
«Da allenatore non so cosa passi nella testa degli arbitri, non ho mai
capito il processo mentale per il quale una persona voglia diventare
arbitro. Le quattro giornate sono esagerate, serviva un pizzico di buon
senso nell’interpretare la reazione di Higuain. L’argentino a Udine
faticava e il Napoli non girava, si sentiva un po’ frustrato. Quando
Irrati gli ha fischiato quel fallo contro che non c’era, ha reagito in
maniera scomposta, ma se un calciatore si comporta così è solo perché
pensa di aver subito un torto. Per questo serviva buon senso nel
comprendere una reazione sicuramente esagerata e da punire, ma le
quattro giornate sono troppe anche pensando al passato del calciatore
che non aveva mai sbroccato in quel modo. Se lo ha fatto è solo perché
pensava di aver subito un torto. Andava punito ma anche capito, non ha
dato un cazzotto a nessuno. Sono sicuro che dopo il ricorso la
squalifica sarà ridotta».
Napoli lamenta una sudditanza psicologica nei confronti della Juve,
dall’esterno come vede la situazione?
«Questi sono vecchi discorsi, sono in questo ambiente da tanto tempo e
la sudditanza psicologica c’è sempre stata e ci sarà sempre. Ho allenato
grandi squadre ma non Juve, Milan e Inter e quindi l’ho captata. Non c’è
un disegno dietro, ma è insito nella natura umana andare incontro al più
potente, nel calcio come nella vita in generale, magari a livello
inconscio. Non vorrei però che a Napoli venisse fuori l’aspetto
vittimistico, perché la Juve indipendentemente da tutto sta dimostrando
di essere forse più abituata a lottare su questi livelli. Era dietro non
so di quanti punti e ora è a +6, non credo sia solo questione di
arbitri. Non bisogna spendere energie con frasi del tipo “è inutile che
continuo a lottare tanto non mi fanno vincere”, sembra la storia della
volpe e l’uva. Dando per scontato che c’è questa sudditanza bisogna
essere più forti, perché lamentarsi e vedere complotti ovunque dà alibi
all’ambiente e ai giocatori per non dare il massimo».
La differenza tra Napoli e Juve dunque non passa dagli errori arbitrali?
«La gente è abituata sempre ad analizzare l’ultimo periodo. Faccio un
esempio, se una squadra fa 10 punti nel girone di andata e 30 in quello
di ritorno è considerata favolosa, se accade il contrario è disastrosa
ma alla fine i punti sono gli stessi. Non bisogna dunque dimenticare che
la Juve era tanti punti dietro ai primi posti fino a qualche tempo fa,
se ha recuperato è stato anche per demerito di chi era davanti e ha
frenato. Il Napoli è leggermente meno brillante nell’ultimo periodo,
magari questo nervosismo generale deriva dal fatto che prima riuscivano
in campo delle cose che ora riescono meno bene. I giocatori si
intestardiscono e tutto diventa più difficile».
Spesso si imputa a Sarri di schierare sempre gli stessi giocatori, può
essere un limite?
«L’allenatore ha i giocatori sotto gli occhi tutti i giorni e
soprattutto non fa mai delle scelte se non ne è convinto. Se Sarri fa
giocare sempre gli stessi significa che gli danno le migliori garanzie,
lui si assume le responsabilità e sceglie per il meglio della squadra.
Poi in base a quello che succede si fanno le analisi, ma se avesse vinto
a Udine nessuno avrebbe parlato degli impegni con le nazionali di
Higuain, Koulibaly e Ghoulam. Lo stesso discorso non lo si è fatto
quando ha vinto e la rosa era gestita alla stessa maniera».
Lei conosce benissimo Gabbiadini che sarà chiamato a sostituire il
Pipita, cosa cambierà nel Napoli?
«L’ho voluto io alla Sampdoria nel 2013, sono molto legato a questo
ragazzo per la sua serietà e le sue capacità. Non è Higuain ma è un
giocatore da Napoli, secondo me renderebbe meglio come esterno anche se
lui preferisce giocare punta centrale. Gabbiadini farà sicuramente la
sua parte se sarà supportato dalla squadra, parliamo di un grande
giocatore e non di un ragazzo della Primavera o uno che viene dalla B,
dipenderà molto dalla bravura dei suoi compagni nell’esaltare le sue
caratteristiche. Manolo è generoso e talentuoso, ha un sinistro educato
e inoltre se la squadra è un po’ stanca, ora lui che ha giocato meno
avrà la possibilità di dimostrare il suo valore, potrà essere molto utile».
La Juve è a +6, la corsa scudetto è finita?
«Sei punti sono tanti con una squadra come la Juve davanti, ma con sette
partite da giocare si può ancora lottare. Sei punti sono due partite,
come è inciampato il Napoli può inciampare anche la Juve. Sono abituato
a pensare positivo, la corsa scudetto non è finita, non bisogna
arrendersi agli alibi degli errori arbitrali e pensare solo al secondo
posto. Le partite vanno giocate, poi se la Juve vincerà sempre ci sarà
poco da fare. Mollare adesso però sarebbe da sciocchi».