Un uomo in missione: così il papà Sarri si è preso Napoli
Napoli è città meravigliosa, capace di rapirti con le sue molteplici sfumature e restituirti poi cambiato, trasformato. Migliorato. Da migliorare, in Sarri, c’era e c’è ben poco, ma in molti avevano dubbi sul suo approccio con gli uomini più rappresentativi dello spogliatoio: l’anno scorso si rapportava a Maccarone, Croce, Pucciarelli, ben diversa cosa è farlo, con tutto il rispetto che meritano i calciatori empolesi, con campioni del calibro di Higuain, Hamsik, Reina. Il rischio era quello del rigetto da parte di una squadra che non accetta i nuovi metodi e comportamenti del nuovo allenatore, perché troppo distante dagli standard abituali.
E così il maestro Maurizio aveva come prima missione quella di smentire gli scettici: lui negherà sicuramente, mentirà dicendo che a lui interessava ed interessa esclusivamente il bene del Napoli e che mai il suo obiettivo diventerà prendersi una rivincita con chi, al suo arrivo, già nutriva dei dubbi. Ma togliersi dei sassolini dalle scarpe è sempre cosa gradita, e Sarri in questo ha ottenuto la sua prima, enorme vittoria: basta ascoltare come ne parlano i tre che nominavamo poc’anzi, capaci di paragonarlo addirittura ad un padre, perché proprio come fa un papà è riuscito a stimolarli, coccolarli e rimproverarli quand’era necessario. Ha capito che le falle del Napoli erano prima psicologiche che tattiche, e così ha chiesto, come prima cosa, a Higuain di tornare a sorridere in campo e a tutta la squadra di divertirsi, perché solo con l’entusiasmo si sarebbero tolti le soddisfazioni che poi, a sette mesi dalla prima giornata di campionato, tutti possono dire di essersi tolti. Ha stimolato la squadra quando, dopo ottime prestazioni, è andato davanti alla stampa a sottolineare i piccoli dettagli che non erano andati bene e che andavano migliorati; li ha coccolati, esaltando le prestazioni dei vari Insigne, Callejon, Jorginho, Koulibaly, definendoli tra i migliori interpreti del campionato e accostandoli alle big d’Europa. Eppure guai ad essere paghi e sazi, perché a tre punti rimane il sogno chiamato scudetto: davanti la Juventus sempre inarrestabile, ma se gli azzurri inseguono solamente a tre punti una squadra in grado di scrivere 58 punti su 60 nelle ultime venti di campionato, vuol dire che qualcosa di grande c’è dentro gli uomini azzurri. Uomini appunto, figli di cotanto padre.
A cura di Marco Prestisimone