Il turn over si fa solo in Italia

DYBALA RIPOSA HIGUAIN PURE MA PERCHE’ GLI ALTRI NO?

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I l turnover, mostro nato negli anni Novanta, a volte torna a farsi vedere. Titolo letto su una Gazzetta del 2005: «Il Pescara è stanco. Sarri fa il turnover». Ecco. L’uomo non è cambiato: alterna più giocatori che look. Giovedì sera ha tenuto Higuain vicino a sé, non per parlare ma per cambiare: dentro Gabbiadini in Europa League. Il Napoli ha perso col Villarreal, scena madre di questo piccolo dramma da turnover, e in Italia siamo tornati a farci delle domande. Ad esempio, questa: non è che abbiamo l’ansia da cambio formazione? Sempre per esempio, quest’altra: non è che i cambiamenti ci fanno perdere partite e coppe?

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LEO E ALTRI 10 Turnover. Visto che nessuno dice «alternanza», vale la frase in inglese: «love of the game», «l’amore per il gioco». Michael Jordan ai tempi dei Bulls – anni Novanta anche quelli, anche anni Ottanta – pretese che nel contratto fosse inserita una clausola con quel nome romantico. Michael poteva giocare sempre e ovunque, anche al campetto sotto casa: in caso di infortunio, sarebbe stato tutelato al 100%. Messi non ha un codicillo scritto ma l’accordo verbale è chiarissimo: se sta bene, la formazione è «Leo più altri dieci», contro il Logrones come nel Clasico. Niente voyeurismo: il 10, a guardare gli altri, si annoia. La mentalità da lui si è allargata. Il 4 gennaio 2015 Luis Enrique provò a lasciar fuori Leo e Neymar contro la Real Sociedad. Dopo 2 minuti Jordi Alba fece autogol, all’intervallo Lucho schiacciò il bottone del panico – dentro Leo per Munir, seguito da Ney per Pedrito – ma il risultato non cambiò. Quella sera Luis Enrique rischiò grosso e nei mesi successivi non ha ripetuto l’inserimento, incassando sereno i sorrisi di Messi e le coppe del triplete. Quest’anno ha tirato dritto: Leo, Neymar e Suarez saltano solo i primi turni di Copa del Rey contro la Villanovense o le partite a qualificazione acquisita. In Inghilterra, in Germania e in Francia va più o meno allo stesso modo, perché all’estero hanno esigenze diverse.

PART-TIME ORIZZONTALE In Italia il turnover è spiegato come necessità anti-infortuni e antipolemiche di spogliatoio. Negli altri Paesi evidentemente sono tutti più tranquilli, le riserve accettano la panchina a oltranza e i big non si fanno quasi mai male. I nostri allenatori invece in Europa League tendono sempre a cambiare, ricadendo in vecchi problemi: non snobbiamo la seconda coppa come qualche anno fa ma lasciamo spazio ai rimpianti. Come sarebbe andata a Vila-real col Pipita? E a Firenze con Kalinic dall’inizio? Tra le strategie, parecchie differenze. In Inghilterra cambiano soprattutto Chelsea e Tottenham, visto in versione B anche con la Fiorentina. In Italia Allegri ha avuto tanti infortuni e poca scelta, ma venerdì perfino lui ha fatto un ragionamento bavarese: Dybala a Bologna ha saltato un turno e la Juve ha interrotto la striscia di vittorie. Che rapporto ci sia tra i due eventi, resterà un mistero. Sarri invece ha ragionato per priorità: in A i migliori, in Europa gli esperimenti. Siamo al turnover orizzontale, ennesima evoluzione dopo l’alternanza dei portieri, la rotazione dei Palloni d’oro (il Milan di Capello teneva fuori Gullit, Papin e Baggio, più Boban e Savicevic), lo scambio tra allenatori (Mourinho mandava Karanka in conferenza) e l’avvicendamento dei nazionali. Si è visto anche questo. Sacchi nel 1996 fece turnover nella seconda partita del girone, perse contro la Repubblica Ceca e si giocò l’Europeo.

LA ROSETANA! Batistuta, in quegli anni, disse chiaro: «Voi fate pure questo turnover, io mi sento bene e voglio giocare». Oggi Thiago Silva ha più o meno ammesso di decidere in prima persona quando stare seduto e Bonucci, che gioca nello stesso ruolo, non ha lo stesso privilegio: Leo gioca sempre, un po’ come Pogba, mai sostituito in 32 partite stagionali, e come Marchisio, che secondo Allegri soffre le pause. Si era intuito: nelle ultime 26 giornate ha giocato 24 volte, uscendo solo per infortunio o a risultato acquisito. Loro sì, sono in linea con l’Europa. Prendete i big. Ibra è l’unico dei grandi a sfruttare il turnover, Aguero e Lewandowski le giocano quasi tutte, Cristiano è stato in campo in ogni minuto stagionale (!) tranne il finale con la Roma e la partita inutile di Cadice in Copa del Rey. Uno dei suoi sostituti, Cheryshev, era squalificato: 0-3 a tavolino e Cristiano-dipendenza confermata. Non può mai lasciarli soli. Per questo, in Spagna si parla molto poco di turnover e Guardiola al Bayern è un caso a parte: cambia per gusto personale, non per senso dell’alternanza. Alla fine, gli specialisti restiamo noi: in Italia si è visto il turnover dalla A alla D, anche per BeneventoRosetana e Catanzaro-Modena. È tutto documentato da vecchi articoli e, a leggerli, viene da fare lo stesso pensiero nato dopo le panchine di Higuain e Dybala: va bene il turnover ma qui si decide la stagione. Non esageriamo.

Fonte: Gasport

 

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