Fabio Cannavaro: “Sono stato bianconero, ma non ho affatto il cuore diviso”
E’ qualcosa di più, ed ogni napoletano lo sa. E Fabio Cannavaro è napoletano. E’ come se ci fosse in ballo la storia, la lotta eterna tra ricchi e poveri, tra Nord e Sud. E’ una questione storica, culturale e sociale. E’ Juventus-Napoli. «Ne so qualcosa: quando al San Paolo tornai da bianconero, le curve non mi diedero tregua. Quel giorno ero un nemico. Come tutti gli juventini» Ha giocato nella Juve, ha vinto con i bianconeri, ma il cuore non è diviso. «Sono napoletano e tiferò per il Napoli». La Juventus era però nel suo destino…
Il 7 marzo del‘93 lei debuttò proprio in un Juventus-Napoli. «Un sogno che diventava realtà: ero stato raccatta palle nelle partite di Maradona e mi ritrovavo ad indossare la maglia azzurra giocando al fianco del mio idolo Ciro Ferrara. Avrei fatto di tutto per vincere quella gara, ma alla fine perdemmo 4-3».
Avrebbe mai creduto un giorno di giocare pure per i bianconeri? «Il passaggio alla Juve arrivò nel momento in cui stavo vivendo nell’Inter un momento tranquillo. È stato un trasferimento inatteso.Ho vissuto tre stagioni molto buone che mi hanno aiutato a capire perché a vincere alla fine sono quasi sempre loro…».
Detta così, non è un buon auspicio in vista di sabato. «Beh, in quel club trovi tutto organizzato in maniera perfetta: tutto viene programmato nei tempi giusti, pianificato con attenzione, gli investimenti sono a media scadenza e i risultati non arrivano mai per caso. Questo non significa, però, che la Juve batterà il Napoli, sia chiaro».
La Juve ha anche fatturati mostruosi? «E cosa vieta a tutti gli altri in Italia di costruirsi lo stadio o di gestire meglio il marketing rendendo tutto più remunerativo? Il Napoli ha milioni e milioni di tifosi sparsi per il mondo…».
La partitissima di sabato decide il campionato? «Non credo. Dopo torneranno la Champions e l’Europa League che potrebbero distogliere parte delle energie delle due squadre. Questo cammino da record degli azzurri e dei bianconeri subirà un rallentamento. Difficile tenere questi ritmi così forsennati».
Tratto da Il Mattino