Gabriella Calabrese – Il Pipita, da Brontolo a Gongolo: la metamorfosi di un campione
Per molti era andato via insieme a quel pallone spedito alla stelle quella maledetta sera del 31 maggio. Per altri quando il giorno dopo venne fuori la storia del taxi “aggredito”, per altri ancora quando, partendo per la Coppa America, si era permesso di sorridere sull’ aereo e di farsi fotografare. Per questo, quando si parlava di un suo arrivo a Dimaro, tre giorni prima del previsto, il numero degli scettici era tendente al massimo. Invece. lui arriva e sorride. Qualcuno gli alza la maglia per controllare lo stato di forma e si complimenta. Non ha messo su kg il Pipita ed è tranquillo e sorridente. Poi, quello che si dice con Sarri nei 5 minuti di colloquio, resterà nei meandri delle alchimie calcistiche e personali. Fatto sta che la metamorfosi avviene lì. Era arrivato con le migliori intenzioni, qualcuno lo ha aiutato a confermarle et voilà: il cambiamento è completo. Da Brontolo a Gongolo, passando per lo stesso luogo, stavolta scelto con maggiore consapevolezza: Napoli. Le lacrime c’erano già state, dopo l’Arsenal, la rabbia anche, tanta, i rimproveri non erano mancati, verso tutti: arbitri, avversari, compagni di squadra, tecnico. Un Pipita arrabbiato, insoddisfatto, scontento. Poi, un click nella testa, una parola detta al momento giusto (Sarri?), un amico in gamba (Reina?) e lui decide di giocarsela tutta. Con il talento immenso, con il sorriso, con il sacrificio. Adesso, non gli pesa “fare reaprto da solo”, caricarsi la squadra sulle spalle, assumersi la responsabilità di ciò che dice davanti a telecamere e microfoni. Anche quando, intelligentemente, afferma che nel calcio, come nella vita, non si può promettere il per sempre… Ora sceglie di “esibirsi”, quasi come spalla dello showman e degno compare, Pepe Reina, chiede di essere presente alla presentazione del calendario, parla in napoletano, si ferma sotto la curva, si emoziona e vive Napoli ed i napoletani. Non solo comparendo e nascondendosi in qualche locale, di sera, come in passato, ma tra la gente. Con difficoltà, certo, ma con consapevolezza. Adesso l’amore della città, il suo abbraccio avvolgente e spesso soffocante, pare quasi che lo cerchi, come se lo facesse star bene. Adesso, per sua stessa ammissione, se la gode Gonzalo, “sta pariann'”, il Pipita. Bello che lo stia facendo insieme ad un’intera città.
a cura di Gabriella Calabrese