Il vero nove è Higuain – L’argentino sul podio con Suarez e Lewandowski. Ma i numeri lo incoronano
C’ è stato un lungo momento nel quale sembrava che il centravanti classico fosse finito, tramontato, estinto. Gli ultimi irriducibili armadi che si ostinavano a calpestare le zolle nella parte centrale delle aree avversarie, parevano dinosauri sopravvissuti a una remota era geologica del calcio. L’apparizione del Falso Nueve li aveva improvvisamente fossilizzati. Il tempo, però, scivola via in fretta: mastica le novità e rimette in circolo velocemente le nuove mutazioni. Non è un caso se, adesso, siamo qui a chiederci chi sia il più forte tra Higuain, Lewandowski e Suarez. Direte: nel mondo ci sono anche Ibrahimovic, Cavani, Aguero e tanti attaccanti super. Non consideriamo Messi, poi, e nemmeno Ronaldo o Neymar. Tutto vero. Ma il Pipita, il polacco e il Pistolero sono quella cosa là, che sembrava fosse stata spazzata via: sono dei 9 in purezza. Con loro ballano un sacco di gol, e questi gol fanno la differenza. Con loro, in fondo a un’evoluzione ciclica – come nei corsi e ricorsi storici cari a Giambattista Vico – scopriamo che i vecchi classici centravanti sono tornati al centro dell’area fino a riprendersi la scena. Vico si appassionava a filosofare sullo stesso skyline napoletano che adesso fa da sfondo alle imprese di Higuain. E da là il domandone rimbalza. Davvero il Pipita è più forte del polacco del Bayern e dell’uruguagio del Barça?
PIÙ VERO CHE FALSO – Anche Higuain ha patito le ricadute collegate all’avvento del Falso Nueve. Nel maggio del 2009, proprio un gol dell’argentino al Bernabeu aveva scatenato l’incontenibile reazione del Barça che Guardiola stava disegnando attorno a Leo Messi. Finì 6 a 2 per i blaugrana, una botta epocale. Qualcuno dice che il Pep – sempre così preparato, brillante, attento agli schemi e ossessionato dai dettagli – tutte le volte che arrivava agli allenamenti chiedeva di Messi e si capisce il motivo («Se Leo è okay, la mia tattica va bene»). Per renderlo felice aveva messo da parte via via Eto’o, Ibra, Villa, tutti quelli che occupavano lo spazio centrale dell’attacco. Quell’openspace doveva rimanere vuoto per poter essere riempito dalla Pulce con dribbling, gol e altre opere d’arte. La moda del finto 9, a un certo punto, ha preso piede anche nella nazionale argentina, dove Messi, maturando negli anni, ha conquistato sempre più importanza e potere. Dopo la parentesi di Alejandro Sabella, soprattutto il Tata Martino ha provato a costruire una Selecciòn attorno al suo fenomeno e ha finito col mettere in competizione il Pipita con Aguero e Tevez: tutte punte centrali, secondo il tecnico. Tanto lusso sprecato.
IL FELICE RISCATTO – La grande stagione del Pipita, in questa seconda parte del 2015, trova il suo carburante negli errori fatti alla fine del campionato scorso. Se una rivista prestigiosa come “Four four two” tiene l’argentino soltanto al 63° posto nella graduatoria dei primi 100 giocatori dell’anno – dunque dietro a Suarez e Lewandowski – è perché dà peso agli errori che sono costati la qualificazione Champions al Napoli e la Copa America all’Argentina, nella finale col Cile, senza tenere conto del prodigioso salto di qualità fatto in questi ultimi mesi. Il nuovo Higuain che nasce dall’incontro con Maurizio Sarri può vantare numeri formidabili. Spostando la leadership su Pepe Reina, rientrato alla base dopo la parentesi bavarese, Sarri ha tolto pressione dalla testa del Pipita. Il dietologo che ha già in cura Leo Messi ha consentito a Higuain di muoversi con più leggerezza senza quei quattro o cinque chili di troppo, mentre l’investitura del tecnico toscano gli ha permesso di prendere il volo. Tutta la squadra si muove in funzione del Pipita che ha bisogno di giocare da unica punta centrale – senza che nessuno gli pesti i piedi – per esaltare al massimo le sue qualità. Sarri ha disegnato il telaio perfetto per Higuain: concettualmente, in questo caso, ricalca le orme di Guardiola. E parafrasando il vecchio Pep potrebbe dire che se Gonzalo è okay, la sua tattica sta bene.
IL PESO DEI NUMERI – Prendendo come terreno di confronto il campionato, si nota subito che Higuain segna meno di Suarez e Lewandowski. Un amen ma meno: 12 gol in 14 match (0,86 a partita) contro i 12 (in 12) di Suarez e i 14 (in 13) dell’attaccante dei bavaresi. Ma attenzione: Lewandowski – che è stato capace di firmare una cinquina in 9 minuti – incide per poco più di un quarto sul totale dei gol realizzati dal Bayern; l’attaccante uruguagio per un pelo più di un terzo sul conto dei gol blaugrana; mentre il Pipita pesa praticamente per la metà delle reti (12 su 26) segnate dal Napoli. Non solo. Partecipa di più alla costruzione della manovra (21 passaggi positivi a partita, contro i 17.9 del polacco e i 16,9 di Suarez), dribbla meglio, crea più occasioni da rete e fa più sponde per i compagni, che preferibilmente sono Insigne e Hamsik. Considerando che i coéquipier di Lewandowski possono chiamarsi Mueller e Robben mentre quelli di Suarez sono Messi e Neymar si capisce in fretta che la forza di Higuain è inversamente proporzionale ai limiti della formazione in cui gioca. Barça e Bayern sono le due squadre migliori del mondo e questo sulla bilancia pesa a favore del Pipita, senza togliere nulla al Napoli, che merita di guidare la classifica della Serie A. In sostanza, i numeri sono importanti ma non spiegano tutto. Come sempre vanno interpretati. In questo caso aiutano a sostenere la tesi che spinge il Pipita sul gradino più alto del podio.
IL PODIO E DINTORNI – Tutto è relativo. Dopo il ritorno di Tevez al Boca e la partenza di Pirlo per gli Usa, Gonzalo Higuain è rimasto l’ultimo vero top player del campionato italiano. Altri giovani promettenti possono pensare di conquistare questo status (Pogba e Dybala prima di altri), ma per ora c’è lui. E ha ragione Roberto Mancini a dire che per il Napoli vale come se fosse Messi, perché in qualunque momento il Pipita fa la differenza. E questa diversità potrebbe decidere anche il capitolo scudetto. Il ritorno al centravanti classico non sempre porta risultati concreti, come sa bene la Roma alle prese con Dzeko. Però la fine del Falso Nueve – determinata dalla necessità di trovare un piano B quando il Barça non riusciva più a vincere – sta facendo crescere nuovi talenti. L’ex rossonero Aubameyang segna più di Lewandowski ed è capocannoniere in Bundesliga. Il ventenne Anthony Martial, dello United, viene considerato l’erede di Henry in un’Inghilterra attenta ai progressi di Lukaku, di Sturridge e del baby Origi nel Liverpool. Manca all’appello Mauro Icardi: visto come sta giocando dovrebbe imitare Higuain per diventare un «Nueve de verdad», o se resta all’Inter un 9 vero.